Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento (o “Festa di Castello”), anima del folklore metelliano.

Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento (o “Festa di Castello”), anima del folklore metelliano.

Nel 1656, insieme al resto d’Italia e dell’Europa intera, anche Cava de’ Tirreni fu colpita dal flagello della peste bubbonica che portò alla morte di circa 6.300 persone. Nell’autunno dello stesso anno, venne realizzata la prima processione Eucaristica da Don Angelo Franco, l’unico superstite dei quattro parroci della Santissima Annunziata. Recatosi sulla parte posteriore del Castello di Sant’Adiutore, andò a benedire l’intera valle metelliana e i suoi cittadini. Come per magia, da quel momento in poi la peste cominciò a indebolirsi e dal dicembre successivo non si contarono più vittime. Dal 1657 vennero istituiti i Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento, per non dimenticare quel periodo così oscuro e il Celestiale Miracolo Eucaristico che contribuì a far nascere la speranza di un futuro più prospero.

Proprio questi festeggiamenti, nel gergo più “comune” conosciuti come la ‘Festa di Castello’, sono parte integrante e fondamentale della tradizione folkloristica della città. Ne esprime, infatti, il pieno spirito ed è particolarmente sentita da tutta la sua cittadinanza. Dopo il difficile periodo dovuto al Covid-19 e due anni di interruzione, la festa del 2022 si svolgerà regolarmente. Riprende la storica processione che porterà il Santissimo Sacramento sul Monte S. Adiutore nella giornata di giovedì 23 giugno con partenza dalla Chiesa dell’Annunziata dalla quale si raggiungerà il Monte dove si terrà la benedizione su tutta la città di Cava de’ Tirreni.

La tradizione vuole che, ogni anno, si rievochi la processione del Corpus Domini, il quale corteo si viene a formare degli otto gruppi di trombonieri (Sant’Anna, Sant’Anna all’Oliveto, Monte Castello, Borgo Scacciaventi – Croce, SS. Sacramento, Filangieri, Santa Maria del Rovo e Senatore) e i diversi gruppi di sbandieratori (tra i quali ricordiamo Città de la Cava come il più longevo tra tutti) che sfilano a partire da Piazza Duomo, dove ricevono la Santa Benedizione Vescovile, per poi recarsi nella Villa Comunale della città per sparare con i pistoni. Si prosegue lungo tutto il corso storico con la presentazione delle varie squadre. Ogni gruppo è formato da porta vessilli, gonfaloni, pistonieri e chiarine (trombe) e tamburi che realizzano la musica con la quale accompagnano la marcia della propria squadra. Ad arricchire ancora di più il momento, ci pensano i suggestivi abiti del Seicento con l’obiettivo di rievocare maggiormente la storia. Non soltanto sbandieratori e trombonieri, appunto, ma ci vengono mostrati anche dame, cavalieri e popolani. A conclusione della manifestazione, non può mancare lo spettacolo dei fuochi d’artificio dal Castello di Sant’Auditore che avvolgono la croce della fortezza e il monte in un’atmosfera suggestiva e incantevole. Questo è forse uno dei momenti a cui i cavesi tengono di più. Infatti, in occasione dell’intrattenimento pirotecnico, ci si riunisce con amici e parenti nell’abitazione più comoda e strategica (dal punto di vista di immagine che offre del Castello) vivendo insieme gli ultimi istanti della festa e gustando i cibi della tradizione (come la milza, la frittata di pasta dolce, le melanzane con il cioccolato e così via).

Simbolo centrale è sicuramente quello del pistone, o archibugia, un’arma che col tempo è divenuta manifestazione di gioia. Non è un caso che proprio questa venga sparata da Monte Castello durante il periodo di festività, siccome i suoi colpi vanno a celebrare la cessazione della pestilenza.
Non è da ignorare, poi, il suo utilizzo durante un’altra manifestazione fondamentale, stiamo parlando della Disfida dei Trombonieri che prende luogo durante la prima settimana di luglio. Questa si lega ad un altro fatto storico che vede la città di Cava al centro della vicenda: la battaglia di Sarno del 1460. Per correre in aiuto al sovrano spagnolo Ferdinando I d’Aragona, cinquecento soldati cavesi, guidati dai fratelli Longo, si mossero spontaneamente a difesa del regno aragonese, i quali combattenti riuscirono a vincere esattamente un giorno dopo con l’abbandono del campo da parte del nemico, capitanato dal re Giovanni d’Angiò. Come ringraziamento per il loro determinante contributo, il re spagnolo diede ai cavesi una pergamena bianca sulla quale avevano piena libertà di scrivere ciò che maggiormente aggradava loro, ciò che ritenevano potesse essere la ricompensa più adatta. Ma la pergamena restò bianca. E ancora oggi, simbolo della bontà e del coraggio del popolo metelliano, è conservata al Palazzo di Città e rappresenta l’ambito premio della Disfida stessa.

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